Un faldone contenente libri, e una locandina. I libri sono stati donati da Giorgio Moroni e Maria Luisa Romani moglie di Guerrazzi
Descrizione di Liliana Sanna
Biografia sintetica (estratta dal saggio di Giorgio Moroni nel libro "Scritture operaie. L'esperienza genovese 1970-2000" edito da Archimovi 2024)
Vincenzo Guerrazzi era nato l’8 novembre 1940 a Mammola, in provincia di Reggio Calabria, da Italo Guerrazzi e Rosa Scali. La vita di suo padre Italo è una grande, breve e triste avventura umana Italo era nato nel 1919 a Bovalino, sempre in provincia di Reggio Calabria, da genitori rimasti ignoti che lo avevano abbandonato in pieno inverno. Diventato adulto, non ancora ventenne emigra con la giovanissima moglie Rosa a Genova, dove lavora come operaio all’Ilva di Voltri. Con lo scoppio della guerra viene chiamato alle armi, mentre la moglie, incinta di Vincenzo, torna a Mammola. Inquadrato nel 18° Fanteria “Acqui”, di stanza in Grecia, Italo Guerrazzi dopo l’8 settembre 1943 riesce a scampare al massacro di Cefalonia, raggiunge il nord Italia e nell’aprile 1944 con altri reduci del 18° si unisce ai partigiani dell’Appennino ligure piemontese. Lì, dopo la strage della Benedicta (tra il 6 e l’11 aprile 1944 75 partigiani vengono fucilati, aggiungendosi, questo massacro, ai 72 morti negli scontri precedenti), viene rastrellato e deportato a Mauthausen dove l’anno successivo, a poche ore dalla Liberazione, tra il 20 e il 25 aprile 1945, viene condotto a morte assieme ad altri deportati.
Il piccolo Vincenzo avrà modo di vedere il padre durante le licenze, ma non certo di conoscerlo, visto che Italo muore poco più che venticinquenne; ma è grazie a lui che, come figlio di un operaio deportato e orfano di guerra, potrà essere assunto all’Ansaldo all’età di 17 anni dopo essere arrivato a Genova undicenne, per la prima volta nel 1951, ospitato dallo zio materno Saverio, anch’egli operaio all’Ilva di Voltri. Il padre sarà sempre presente nella vita della famiglia anche attraverso una narrazione semplificata: diventa un rito per i familiari commemorarlo ogni anno assieme ai martiri della Benedicta, nell’anniversario della strage, come se fosse morto assieme a loro, come per ricongiungerlo indissolubilmente a loro e al loro destino.
Il piccolo Vincenzo frequenta i due corsi delle scuole elementari a Mammola, dove la mamma lavora come bidella, e, superato l’esame di compimento, studia presso il ginnasio di Marina di Gioiosa Ionica, eccellendo in disegno e italiano. Per completare il ginnasio lascerà Genova e tornerà in Calabria, ma solo per i mesi di scuola. Con la sorella Rita, nata nel 1944, si trasferiranno definitivamente a Genova Pra solo quando Vincenzo viene assunto all’Ansaldo.
Nonostante l’infanzia, gran parte dell’adolescenza e tutta la formazione scolastica in Calabria, malgrado il riconosciuto e affermato attaccamento per la terra d’origine, nel rappresentare se stesso Vincenzo Guerrazzi si sente più genovese che calabrese. Comunque sia, Vincenzo Guerrazzi non si percepisce come un migrante e sente, piuttosto, che la sua vita reale è cominciata in fabbrica, ed è a un’altra fuga o migrazione che si vota, quella dalla maledetta condizione operaia; vi dedicherà con ardente energia la vita fino a trasformare questa fuga, con la conseguente rincorsa dell’emancipazione, in un multiforme esercizio artistico.
Dopo l’assunzione all’Ansaldo viene mandato in Germania per fare un corso a imparare a lavorare in una macchina che praticamente cambiava il sistema di produzione. Allora c’erano ancora le macchine a cinghie, macchine vecchissime, quindi c’era stato un salto di qualità, l’Ansaldo aveva comprato una delle prime grandi fresatrici, la Kolmann (che sarà protagonista di uno dei suoi ultimi romanzi, “L’aiutante di S.B. Presidente Operaio”, uscito per Marsilio nel 2004).
Vincenzo Guerrazzi incontra Gianfranco Faina e Gianfranco Dellacasa all’epoca del loro intervento operaista all’Italsider, presumibilmente attraverso Sergio Benni, all’epoca segretario della sezione del Pci “Raffaele Pieragostini”. Poi, li reincontra alla fine del 1966, quando si costituisce in via Buranello il Circolo Rosa Luxemburg. Il Circolo Rosa Luxemburg fu a Genova un luogo di studio e di formazione presessantottesco sui temi del comunismo e della rivoluzione, lontano dai canoni del marxismo ortodosso; più precisamente, fu apertamente critico nei confronti del leninismo, considerato senza mezze misure come apripista dello stalinismo e più in generale del comunismo terzinternazionalista, nonchè nei confronti di quello stesso maoismo che allora costituiva l’alternativa ideologica prevalente per chi, fuori dal Pci, ne criticava la scelta riformista. Vincenzo Guerrazzi intercetta e assorbe nelle stanze di via Buranello i fondamenti della sua modernità politica: assorbe ed elabora alcune delle categorie che affioreranno in modo ricorrente nella sua produzione letteraria, a cominciare dai temi del rifiuto radicale del lavoro e della condizione operaia.
Vincenzo, nonostante una buona formazione di base, come scrittore è autodidatta e legge con voracità. Con i tre turni lavora sempre di notte perché di notte ha la possibilità di leggere; negli anni successivi Guerrazzi passa al collaudo e non lavorerà più alla macchina, e nel ‘68-’69 si sono ritrova accanto una schiera di giovanissimi, di cui deve controllare i “capolavori”. Della leva dei giovani assunti dall’Ansaldo fanno parte anche Giuliano Naria, Ignazio Pizzo, Marino Fermo, Angelo Moreschi, Franco Tornambè, Roberto Parodi, Daniele Zanardi, Francesco Currà, Claudio Cardillo: insomma, con il tutorato politico di Sergio Benni, quello che sarà per anni il Collettivo operaio dell’Ansaldo, il gruppo dei fuori linea, gli extraparlamentari.
Nel 1972, nel volume “Vita operaia in fabbrica – L’alienazione” vengono editati alcuni dei racconti di Guerrazzi già pubblicati in precedenza dal “Lavoro” e dal “Secolo XIX”; nel volume compare anche una prima edizione del lungo racconto “Ferie di un operaio” che, ripubblicato in una edizione rivista e ampliata, darà il nome a uno dei libri successivi. Ulteriormente significativo ai nostri fini, nel volume, è che le illustrazioni siano tratte da quadri dell’operaio ansaldino ed ex deportato Riccardo Gagliardi, il primo ispiratore dell’opera di Guerrazzi pittore. Nel 1974 “Le Ferie di un operaio”, esce da Savelli e successivamente, nel 2006, da Rubbettino Editore.
Nel giugno 1974 esce per Marsilio Editore “Nord e Sud uniti nella lotta”, ripubblicato nel 2003 da Fratelli Frilli Editori: un vero classico, il volume dello scandalo e della consacrazione non solo letteraria, il libro collettivo che fa seguito al viaggio via mare sulla motonave Arborea di mille metalmeccanici genovesi diretti a Reggio Calabria per partecipare a una manifestazione nell’ottobre 1972 all’insegna dell’unità della classe operaia. E’ Nanni Balestrini, direttore assieme a Pietro A. Buttitta della collana “collettivo” di Marsilio Editore, a promuovere la pubblicazione del libro; il poeta e scrittore Balestrini è certamente all’origine anche dell’utilizzo, da parte di Guerrazzi, di alcune delle classiche metodologie dell’operaismo italiano, in particolare quel procedere per inchieste sulla condizione operaia.
Guerrazzi riempie pagine e pagine con le frasi tratte da "L'urlo della notte", il giornale murale scritto dagli operai nei gabinetti della fabbrica.
Quella con Giuliano Naria è stata un’amicizia assai importante per Guerrazzi: “Ecco, questo mi legava veramente a Giuliano Naria, questa fantasia nostra veramente al potere, questo divertirsi, ad esempio quando ha collaborato con me a un libro superdivertente, “La fabbrica dei pazzi”, che uscirà nel 1977 per le Ed. coop scrittori e nel 1978 per Newton Compton Editori. Vincenzo Guerrazzi nel 1975 passa alla critica pratica del lavoro e si licenzia dall’Ansaldo dopo 18 anni di lavoro in fabbrica: “Mollo perché mi dedico sempre di più alla scrittura. Vedevo già dei riconoscimenti, dei risultati”. Nel 1974, dopo la fine del primo matrimonio con Maria Teresa Albanese, ha conosciuto Maria Luisa Romani, con cui successivamente fonderà la casa editrice La Ciminiera; si sposeranno nel febbraio del 1979, poco dopo la nascita, nell’aprile del 1978, della loro figlia Marika.
L’ultimo libro scritto da operaio, terminato nel maggio 1974, viene pubblicato nel 1975 da Marsilio Editore nella usuale collana diretta da Balestrini: “L’altra cultura – Inchiesta operaia”. Per la precisione è un volume che Guerrazzi “cura”, piuttosto che “scrivere”: sessantotto operai e impiegati dell’Ansaldo rispondono a ben ventisei domande contenute in un questionario. La premessa è firmata dal Collettivo operaio dell’Ansaldo Meccanico Nucleare; si tratta quindi di un libro interamente scritto da operai, senza alcun intervento di “intellettuali”.
Nel 1976 Guerrazzi pubblica con Gabriele Mazzotta Editore, sempre con la mediazione culturale di Nanni Balestrini, “I dirigenti”: in questo caso sono quindici le domande indirizzate non più a operai ma ai “sottufficiali dei padroni quando non padroni loro stessi”, ovvero a importanti dirigenti e manager nazionali di aziende pubbliche e private. Con l’eccezione della prima domanda, riguardante l’imminente ingresso del Partito comunista nell’area di governo, le altre sono vere e proprie provocazioni mirate ad aprire e rivoltare la coscienza degli intervistati. Fa da contraltare all’introduzione di Guerrazzi, nella quale lo scrittore afferma che i dirigenti rimasticano “erbe di vento”, la conclusione politica del Collettivo operaio.
Se questo è l’ultimo libro “operaista” di Guerrazzi e dei suoi compagni (tra i quali oltre a Giuliano Naria comincia a emergere la figura di Francesco Currà), la “forma inchiesta” continuerà a essere usata nel lavoro successivo, che è un libro di svolta.
Uscito dalla fabbrica, Guerrazzi lancia subito la sfida al mondo degli intellettuali nel quale era suo malgrado entrato. Partecipando a un incontro di Orvieto del Gruppo 63 interviene, fischiatissimo, di fronte ai vari Malerba, Arbasino e Pagliarani, affermando “ho chiesto qui fuori alla ragazza in bicicletta, alla cartolaia e alla casalinga e nessuno vi conosce”. Sono gli anni della stesura di un libro inchiesta destinato agli intellettuali (che alla fine saranno sarcasticamente appellati come “intelligenti”) che gli darà occasione di denunciare la superficialità, la goffaggine e la tracotanza di molti degli intellettuali italiani. In questo libro è Francesco Currà, uno dei suoi compagni di lavoro all’Ansaldo, futuro poeta e cantautore sperimentale, ad affiancare nelle interviste Guerrazzi, fino a essere a volte citato come “autore”. C’è anche un altro operaio che gli dà una mano importante in questa super inchiesta, ed è un militante del Psi, Iller Russo. Le 12 domande per gli intellettuali sono in parte irritanti e talvolta imbarazzanti, tutte ambiscono in ogni caso a presentarsi come provocatorie. Norberto Bobbio scrive: “mi sono reso conto che le vostre domande sono fatte in modo da non lasciare altra alternativa che tra la presunzione e il masochismo. Qualunque cosa vi risponda, sono un invito all’ipocrisia”. Adele Cambria accusa Guerrazzi di essere intriso dei valori falsificanti della virilità così che “approfitti anche tu di un mondo spaventosamente sessista”. È questo il punto di non ritorno, la sfida suprema. Il 30 aprile 1978 esce sul numero 17 de L’Espresso un lungo articolo di Guerrazzi, preceduto da una introduzione di Valerio Riva, dal titolo: “Grandioso, formidabile, un capolavoro: non lo pubblico”. In effetti nessuno vuole pubblicare il nuovo libro di Guerrazzi. Solo nel maggio 1978 l’editore Marotta di Napoli, forse su impulso di Balestrini, accetta di pubblicare “Gli Intelligenti”, questo infine il beffardo titolo del volume. Il libro verrà ripubblicato nel 2003 da Stampa Alternativa con l’aggiunta di un sottotitolo (Romanzo di cappa e penna).
Nel 1977 era stato intanto pubblicato da Cooperativa Scrittori (AR&A) la raccolta di racconti “La fabbrica del sogno”. Qui, nella foto di copertina, Guerrazzi compare in una posa alla Humphrey Bogart, con trench bianco e sigaretta incollata alle labbra. Il libro fu presentato allo Strega 1976 da Luigi Malerba e Nanni Balestrini. Fu escluso dalla cinquina finale per un solo voto.
A Guerrazzi, che si è intanto avvicinato al Psi (“il mio partito di famiglia”), stringendo amicizia con Delio Meoli e Gregorio Catrambone, non resta ora che tentare un’impresa eroica, prometeica. Tenuto fuori dall’editoria che conta, potendo contare su un gruppo di amici importanti che continuano a supportarlo (tra questi Valerio Riva, Carlo Cassola e Luigi Compagnone), decide di fondare una casa editrice. Racconta Guerrazzi: “(…) rimango in contatto con tantissimi operai quando ho fondato la casa editrice, la Ciminiera. Operai che avevano interessi culturali, che fondavano riviste… specialmente quelli del Veneto, di Porto Marghera…La Ciminiera dura 7 anni, dal ’78 all’85. Dal ’78, quando è uscito il mio romanzo [intende: Gli intelligenti], all’85.”
Tra il 1978 e il 1985 Guerrazzi è impegnato, assieme alla moglie Maria Luisa Romani, nella fondazione e gestione della casa editrice; l’operaio si mette in proprio alla faccia degli editori che lo hanno fatto impazzire. La sede è a Villa Marmirolo, a metà tra Modena e Reggio Emilia, vicino alla fabbrica di ceramiche La Ciminiera, da cui prende il nome. Le sorelle Maria Luisa e Laura Romani, assieme ad altri componenti della famiglia Romani, affiancano lo scatenato Guerrazzi. Centinaia di manoscritti arrivano nella sede per candidarsi alla pubblicazione. I soliti amici si attivano, da Cassola a Compagnone a Riva. Vengono pubblicati diciassette libri in pochi anni, tra i titoli pubblicati opere di Carlo Cassola, Luigi Compagnone, Sergio Saviane , Aldo de Jaco e Vittorio Cavicchioni.
Nel 1982 Rizzoli pubblica nella BUR un breve romanzo di Vincenzo Guerrazzi dedicato a Marialuisa Romani, “La festa dell’Unità”; un romanzo “zeppo di donne, di veterinari, di rabbie, di dialoghi in treno, di confessioni e di comizi. C’è persino la Madonna: distesa su una panca in chiesa, con un ginocchio alzato, e si lamenta che il vestito le fasci troppo il seno”, come scrive Valerio Riva nella presentazione. E’ l’avvio di una svolta del Guerrazzi scrittore, quella del romanzo breve (o racconto lungo) rispettosa del canone letterario del romanzo; un nuovo corso che si confermerà anche nel successivo romanzo “Come si diventa borghesi?” pubblicato nel 1988 da Oceania Edizioni.
Dopo l’amara conclusione dell’avventura della Ciminiera, chiusa a causa delle gravi difficoltà economiche in cui era precipitata, Vincenzo Guerrazzi si dedica ancora di più alla pittura. Lavora forsennatamente, a ogni ora. Del resto aveva dichiarato da tempo: “I miei quadri sono una diretta emanazione dei miei libri. Fino ad oggi, ho sempre cercato la sfida e il confronto con i grandi santoni della letteratura. Siccome nessuno di costoro ha raccolto il mio guanto di sfida, ora provo con Guttuso e con gli altri maestri del colore. Non si sa mai. Non era un paradosso la mia affermazione che l’operaio può fare tutto.” ( intervista di Valerio Riva su L’Espresso n. 12, marzo 1977).
Nell’ottobre 1977 Guerrazzi aveva esposto in una mostra a Roma, al Palazzo dei Congressi dell’Eur. Di lì a poco, esporrà a Villa Estense, comune in provincia di Padova, dove vive Antonio Rossin, neurologo, psichiatra e suo mecenate, anzi “mercante esclusivo di Vincenzo Guerrazzi arte e cultura” come sta scritto nel suo biglietto da visita; Rossin è assertore “della prevalenza della carica morale e civile delle opere sull’effetto estetico della mescolanza di forma e colore” (da un’intervista di Marialuisa Romani in Contro n. 37 del 16 giugno 1979). Tullio Cicciarelli si chiede (su Il Lavoro del 15 novembre 1978) se quella di Guerrazzi, tra il suo ultimo libro La Fabbrica dei pazzi, in cui vengono messe in mostra le allucinazioni di un operaio, e la sua opera di pittore, sia vera arte, pur non fornendo una risposta diretta.
Quelle di Guerrazzi sono rassomiglianze quasi perfette (è un grande ritrattista) lievemente toccate dall’ironia o dal dileggio, in equilibrio tra satira e allegoria, con tutto il mondo delle patrie lettere e Guerrazzi è già sulla cresta dell’onda: espone una cinquantina delle sue tele anche nei saloni del Savoia-Majestic con la sponsorizzazione di due società di bunkeraggio e brokeraggio marittimo: ecco un insolito sposalizio tra le palanche di alcuni industriali e il ribelle che con i suoi libri e ora con i suoi quadri ha scompaginato i sonni e i sogni dell’ufficialità culturale genovese, commenta Tullio Cicciarelli su Il Lavoro del 14 ottobre 1981. Guerrazzi tiene svariate mostre in Italia (nel 1996 anche in Germania). Le sue opere vengono anche presentate in un programma di RaiDue, condotto da Stefano Satta Flores, e alla Televisione svizzera (cui è arrivato tramite Valerio Riva).
Un capitolo a parte è costituito dalle antiche relazioni con due suoi vecchi compagni di lavoro, Francesco Currà e Giuliano Naria. E’ Guerrazzi a lanciare il Francesco Currà “cantautore” presentandolo a Nanni Ricordi e dandogli così l’opportunità di pubblicare sia l’LP Rapsodia meccanica, per le ed. Ultima spiaggia, che, per Squilibri Edizioni (appartenente alla galassia AR&A di Nanni Balestrini), il volumetto di poesie dal medesimo titolo, con l’introduzione dello stesso Guerrazzi, entrambi usciti nel 1977. Ma Guerrazzi rimane in contatto e supporta Giuliano Naria anche durante il periodo della carcerazione; lo reincontra subito dopo la sua liberazione e assieme scrivono il romanzo La voglia gelida, tuttora inedito.
Guerrazzi tiene per anni una rubrica intitolata “Pagine Proibite” per la rivista Contro, diretta per un periodo da Cesare Lanza. Nel 2001 esce per Pellegrini Editore “Quel maledetto giorno”, un libro nella cui prima parte compare il lungo racconto Il processo di Genova, con al centro Piazza De Ferrari e il 30 giugno 1960, il giorno degli scontri in cui viene coinvolto il protagonista, un emigrato proveniente da Mammola, come l’autore. In quel periodo Guerrazzi incontra presso la redazione genovese di Repubblica Stefano Bigazzi; ne nasce una grande amicizia che culmina nel progetto di scrivere assieme un romanzo atipico rispetto alla precedente produzione guerrazziana. Ne uscirà fuori un giallo ambientato negli anni Settanta con protagonisti usciti dalla stagione dei movimenti e della lotta armata: Il compagno sbagliato, pubblicato da Mursia nel 2007.
Nel 2004 viene pubblicato da Marsilio L’aiutante di S.B. Presidente operaio, cui abbiamo accennato all’inizio. Siamo ormai davanti alla conclusione del ciclo di deindustrializzazione di Genova, che ha visto in quasi trenta anni la scomparsa di circa cinquantamila operai e ha assunto i connotati di un lungo crepuscolo, di un lento declino della città. Esauritesi le ragioni del conflitto, il libro è l’occasione per una riconciliazione alquanto ipocrita del ceto dirigente della città con il Guerrazzi scrittore, cui l’autore si adatta di buon grado. Nel 2005 Marika Guerrazzi e Nuno de Silva Lopes realizzano presso la Loggia della Mercanzia una mostra, unitamente a un video di grande pregio, dedicata a Guerrazzi: Verso il futuro: dal presente agli anni ‘70. Qui è l’intera produzione di Guerrazzi che viene passata in rassegna, a partire dagli anni del Collettivo operaio dell’Ansaldo. L’allestimento dell’esposizione comprendeva, oltre a tele e riproduzioni di quadri, un’ampia superficie in cui erano riprodotti articoli di giornale e altri materiali dedicati alla notevole storia di scrittore di Guerrazzi.
Ricordiamo infine che di Guerrazzi è uscito anche un libro di poesie, “Il corpo e lo spirito”, pubblicato a Genova da s.c.a.l.e.g. senza alcuna data.
Vincenzo Guerrazzi è da tempo ammalato di un cancro allo stomaco, e non sopporta che gli venga meno la febbrile e smisurata energia con cui ha vissuto, così che non ne parla quasi a nessuno. Durante la malattia scrive il romanzo L’arcobaleno di pietra, al momento inedito.
Muore a Genova il 22 giugno 2012.